miercuri, 13 mai 2015

Benitez: l’uomo delle coppe traccia la strada verso Varsavia

Rafa Benitez

Ogni partita ha una sua vigilia, ma quelle di Coppa hanno un retrogusto tutto da assaporare. 

Soprattutto quando arrivi in fondo, ti districhi tra gironi eliminatori, fredde trasferte ai confini dell’Europa e poi via nel vortice dei sorteggi e degli scontri diretti. Lo sa bene Rafa Benitez che quando vede un tabellone punta il dito sulla strada verso la finale. GPS incorporato nei polpastrelli, solco deciso sulla cartina direzione, questa volta, Varsavia.

La prima nel 2004 col suo Valencia: si chiamava ancora Coppa Uefa, ma poco cambia. Niente gironi, un unico labirinto, stile settimana enigmistica, la cui soluzione era nella città di Göteborg, sede della finale. Prima, lo scontro fratricida con il Villareal, sconfitto di misura nelle sfida di ritorno.

L’anno dopo il passaggio al Liverpool e l’insediamento nella storia dei Reds. Dicevamo delle vigilie. Quella sera ad Istanbul un leggero vento portava la voce del muezzin alle orecchie di Rafa, che contemplava l’orizzonte ai confini tra Europa ed Asia. I pensieri si accavallavano al ritmo delle preghiere: la sua prima finale di Champions era alle porte e davanti aveva un Milan, con una storia che parlava da sè. La metodicità della sua preparazione al match fu sbaragliata dagli eventi: sotto di tre gol davanti al tè (turco) dei primi 45. Nessuno seppe cosa successe negli spogliatoi delle due squadre. Rafa, in cuor suo, doveva portare a termine quel viaggio iniziato a settembre. Questa volta le sue dita si erano aperte a compasso due volte: dall’Inghilterra al Continente e dal Continente alla Turchia. Troppi sforzi per arrivare fin là, troppi per cedere. Ribaltone incredibile e Coppa al Liverpool.

L’uomo delle Coppe appunto. Non contiamo quelle nazionali, per carità. Troppo facili per Rafa. Quasi come il Mondiale per Club conquistato con l’Inter, con il beneplacito di Mourinho e grazie all’harakiri del ben più quotato Internacional, che spalancò le porte della finale ai congolesi del Mazembe. Tornando alle cose serie, ancora Inghilterra: questa volta Chelsea. Troppo tardi per inseguire una Champions prima vinta e poi abbandonata da Di Matteo. Toh chi si rivede, la nostra cara Europa League: dove si deve andare? Amsterdam? Perché no. Detto fatto. Benfica sconfitto ed un altro trofeo in bacheca.

Il presente dice Napoli. Il presente è la semifinale di ritorno di Europa League a due anni dalla notte di Amsterdam. La camera con vista affaccia sul fiume Dnepr, omonimo della squadra che lo separa dall’ennesima finale. L’andata, tra veleni e rimpianti, ha portato in tasca un pareggio con gol. Risultato da bollino arancione, perché in terra ucraina bisogna segnare. Come è successo a Wolfsburg, basterebbe anche meno, ma l’approccio è quello. Rafa, guardando la cattedrale bizantina di Santa Sofia, prenderà spunto per costruire il mosaico ideale per mandare kappaò il Dnipro. Col dito era arrivato a Varsavia, anima e cuore sono già in viaggio da tempo, ma Higuain e compagni dovranno provvedere al resto. Con l’uomo delle Coppe tutto si può fare per garantirsi un’altra vigilia. Con la ‘V’ maiuscola naturalmente.



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